Quattro passi in collina
SENTIERO NATURA
Il sentiero Natura rappresenta l’itinerario più significativo e adeguato per conoscere i paesaggi vegetali del sistema collinare di Villa di Serio, in quanto il suo percorso, valorizzato con la posa di cartelli segnalatori delle specie arboree e arbustive presenti, attraversa una discreta varietà di ambienti.
Il sentiero si snoda per circa 3 chilometri sui due versanti della Valle Capla (localmente conosciuta come valle del Fondo), per gran parte lungo tracciati di antica origine. Il primo tratto coincide con il sentiero Carrezzola, antica via di comunicazione con i comuni limitrofi e di collegamento tra Bergamo e la Valle Cavallina.
Sviluppo: 3 km
Dislivello: 150 m
Tempo di percorrenza: 1 h 15 min
Approfondimento
Per raggiungere l’accesso al sentiero Natura si risale via Valeria addentrandosi nella valle Capla o del Fònt fino all’altezza del piccolo ponte in pietra, di recente costruzione, che consente di superare il rio Capla e di portarsi sul versante destro orografico della valle.
Nel torrentello si possono osservare alcune specie igrofile tra cui il garofanino d’acqua (Epilobium hirsutum), il garofanino minore (Epilobium parviflorum), il crescione d’acqua (Nasturtium officinale) e la veronica acquatica (Veronica anagallis-aquatica).
Il primo tratto del sentiero, lastricato e impreziosito dal manufatto di una antica fonte, la Tamberlüna, si sviluppa in un ambiente umido e ombreggiato, incassato tra una proda erbosa con ciliegi (Prunus avium) e noccioli (Corylus avellana) e un muro in ciottoli. Sulla proda e nei ristagni a fianco del sentiero si sviluppano specie igrofile come la carice ascellare (Carex remota), la carice contigua (Carex contigua), l’ortica bianca (Lamium album) o l’alliaria comune (Alliaria petiolata). Sul muro a secco trovano il loro habitat naturale la cimbalaria (Cymbalaria muralis), il geranio di S. Roberto (Geranium robertianum) e alcune eleganti felci, l’asplenio tricomane (Asplenium trichomanes), la felce aculeata (Polysticum aculeatum) e l’asplenio adianto nero (Asplenium adiantum-nigrum).
Superato il primo strappo ci si trova in un ambiente aperto e luminoso, da dove lo sguardo può spaziare su tutta la valle Capla, i cui aspetti naturali e antropici si fondono in un insieme armonico, particolarmente gradevole nelle terse e luminose giornate primaverili.
Per i successivi 2-300 metri, il sentiero sale dolcemente tra vigneti residui e prati pascolati, fiancheggiato a monte da un muro a secco su cui si rinvengono piccole felci (cedracca e asplenio tricomane), viola dei boschi (Viola reichembachiana), edera terrestre (Glechoma hederacea), salvastrella (Sanguisorba officinalis) e l’invasiva esotica caprifoglio giapponese (Lonicera japonica).
Lungo il sentiero, nella zona soggetta a calpestio abbondano piante con robusti fusti striscianti e appressati al suolo, quali la correggiola (Polygonum aviculare), la fienarola comune (Poa annua), la piantaggine maggiore (Plantago major), mentre ai margini si mescolano specie provenienti dai prati e specie ruderali.
Gli attuali prati-pascoli sono la testimonianza del destino che attende gli spazi aperti di ambiente collinare in seguito all’abbandono delle attività agricole. Da prati concimati e falciati in grado di ospitare un consorzio di buone foraggere dominato da graminacee e leguminose, una volta cessate le concimazioni e gli sfalci regolari, si trasformano in prati semiaridi per poi diventare infine pascoli caratterizzati da una cotica erbosa destrutturata e un consorzio vegetale fortemente impoverito sia in biodiversità che in valore naturalistico.
Dopo un breve strappo, all’altezza delle cascine Cedrine, il sentiero procede in piano nel bosco che ricopre un impluvio. La vegetazione arborea è costituita da rovere (Quercus petraea), carpino nero (Ostrya carpynifolia), olmo (Ulmus minor), orniello (Fraxinus ornus), acero campestre (Acer campestre), castagno (Castanea sativa), mentre nello strato arbustivo si annoverano il biancospino (Crataegus monogyna), il sambuco (Sambucus nigra), il pungitopo (Ruscus aculeatus), la sanguinella (Cornus sanguinea) e il corniolo (Cornus mas).
La composizione floristica consente di riferire la suddetta associazione al querco-castagneto e di ipotizzare per questo bosco esposto a occidente condizioni ambientali meso-termofile. Lo strato erbaceo, a partire da febbraio fino alla metà di aprile, quando ormai la crescita del fogliame impedisce l’ingresso della luce nel sottobosco, è interessato da un susseguirsi di estese e colorate fioriture di erba trinità (Hepatica nobilis), primula (Primula vulgaris), anemone dei boschi (Anemonoides nemorosa), viola dei boschi (Viola reichenbachiana), viola bianca (Viola alba). In corrispondenza delle vallecole laterali si incontrano numerose felci appartenenti a diverse specie: felce pelosa (Dryopteris affinis), felce maschio (D. filix-mas), felce dilatata (D. dilatata), felce femmina (Athyrium filix-foemina).
Abbandonato l’impluvio, il sentiero, sempre fiancheggiato a monte da un antico muro a secco ed a valle da una siepe alberata, attraversa praterie semiaride che conservano tracce dei terrazzamenti che ospitavano, fino a qualche decennio fa, vite e alberi da frutto e che ora sono ridotti a pascoli oppure abbandonati alla ricolonizzazione da parte del bosco che si riprende quanto gli era stato sottratto dall’uomo.
D’altra parte i segni della copertura forestale originaria non sono spariti.
Nella siepe che fiancheggia il sentiero, per esempio, fioriscono specie erbacee nemorali, quali l’anemone dei boschi (Anemonoides nemorosa), l’epatica (Hepatica nobilis), la verga d’oro (Solidago virga-aurea) e specie di margine boschivo come la campanula selvatica (Campanula trachelium).
La scomparsa dei prati semiaridi comporta una significativa riduzione di biodiversità che, aggiungendosi alla perdita di gran parte dei consorzi erbacee dei prati da sfalcio, determina una significativa diminuzione del valore naturalistico dell’ambiente collinare.
Superate le praterie, il sentiero entra nuovamente nel bosco.
L’ambiente si fa via via più asciutto, il suolo si assottiglia e gli affioramenti di Sass della Lüna, formazione rocciosa che caratterizza il sistema collinare, si fanno frequenti.
Le essenze che si incontrano salendo sono sempre più termofile. Il castagno tende progressivamente a scomparire mentre a fianco delle essenze già citate sopra compaiono il cerro (Quercus cerris), il viburno lantana (Viburnum lantana), lo scotano (Cotinus coggygrya), il pero selvatico (Pyrus piraster), la cornetta dondolina (Hyppocrepis emerus), il ligustro (Ligustrum vulgare) e la specie guida dei boschi termofili su suolo calcareo, la roverella (Quercus pubescens) che nella parte più alta del bosco sostituisce la rovere.
Nel complesso questo bosco, anche se trascurato, presenta una fisionomia vicina a quella naturale originaria. Solo nel tratto intermedio è infestato dalla robinia (Robinia pseudoacacia), specie esotica americana.
Alle specie erbacee già elencate si aggiungono, nei tratti più freschi, altre specie meso-termofile quali consolida femmina (Symphitum tuberosum), iperico montano (Hypericum montanum), elleboro verde (Helleborus viridis), euforbia delle faggete (Euphorbia amygdaloides) e euforbia bitorzoluta (Euphorbia dulcis) e alcune specie termofile, fra cui la bocca di lupo (Melittis melissophyllum) e l’aglio rosa (Allium pulchellum), liliacea di origine mediterraneo montana.
Risalito il sentiero fino ad un cinquantina di metri dalla forcella del Cagnolo, si abbandona la Carrezzola e si gira a destra, si attraversa una radura asciutta e si entra, scendendo dolcemente, di nuovo nel bosco.
Il sentiero ora si snoda sul versante sinistro della valle, esposto a nord e nord-est, più fresco e umido, in un castagneto ceduo da lungo tempo in stato di abbandono in cui, tra castagni malati o schiantati, compaiono l’acero di monte (Acer pseudoplatanus), il frassino maggiore (Fraxinus excelsior) e la rovere le quali, con la loro diffusione, testimoniano una fase avanzata di riconversione del castagneto in bosco misto.
La presenza nel sottobosco di uno strato intermedio costituito da arbusti, biancospino selvatico e biancospino comune (Crataegus laevigata e C. monogyna), rosa cavallina (Rosa arvensis) cornetta dondolina (Hyppocrepis emerus), sambuco (Sambucus nigra) e giovani plantule di acero campestre (Acer campestre) e orniello (Fraxinus ornus), confermano questa tendenza. Lo strato basale, oltre alle specie nemorali già citate, si arricchisce di alcune essenze tipicamente mesofile quali il dente di cane (Erythronium dens-canis), una liliacea riconoscibile dai fiori con sei petali bianchi e le foglie maculate, l’astranzia maggiore (Astrantia major) e la salvia dei boschi (Salvia glutinosa).
Verso maggio il sottobosco si ricopre poi quasi completamente di felce aquilina (Pteridium aquilinum), pianta tipica di suoli acidi e poveri.
Giunti all’altezza di un traliccio dell’alta tensione si piega a 180° e, passando sotto il traliccio stesso, si scende in diagonale qualche decina di metri fino a raggiungere un sentiero comunale. Si procede verso sinistra, sempre nel castagneto trascurato in cui la maggior frequenza di acero di monte (Acer pseudoplatanus) e di frassino maggiore (Fraxinus excelsior), denota un più intenso processo di rigenerazione della vegetazione originaria.
Il sentiero scende dolcemente fino ad intersecare una valletta, superata la quale, ci si porta sul versante sinistro della valle; si attraversa una fitta boschina di robinia e sambuco, associazione vegetale di sostituzione tipica delle aree sottoposte a tagli eccessivamente severi a spese delle specie indigene.
Si cammina ormai al margine del bosco con il castagneto a monte del sentiero e ronchi a valle, sui quali si aprono ampi squarci.
L’ultimo tratto di percorso corre a ridosso di alcune cascine della valle del Fònt, in un incisione che taglia pendii molto dolci ricoperti di prati e pascoli e affiancato a tratti da siepi con nocciolo, ligustri (Ligustrum sinense e L. japonicum), biancospino (Crataegus sp.), fusaggine (Euonimus europaeus) e da radi alberi da frutto tra cui noci (Juglans regia), ciliegi (Prunus avium) e peri (Pyrus communis).
Ai margini del sentiero molto battuto tendono a mescolarsi specie del prato e specie ruderali, quali ortica (Urtica dioica), cariofillata comune (Geum urbanum), agrimonia comune (Agrimonia eupatoria) e balsamina di Balfour (Impatiens balfouri), avventizia dai fiori bianco-rosa appartenente alla famiglia delle Balsaminaceae, piante che adottano un curioso metodo per disseminare: i frutti maturi si scindono di scatto in più valve che, arricciandosi all’infuori, lanciano i semi nello spazio circostante.
Nelle zone più ombreggiate del sentiero crescono rigogliosi cespi di felce femmina (Athyrium filix-foemina) e di felce maschio (Dryopteris filix-mas). L’ultimo tratto del percorso che si conclude in via Valeria, cinquanta metri a valle dell’inizio dell’itinerario, è ricavato in una breve forra angusta e ripida a fianco dell’alveo roccioso che consente il deflusso delle acque meteoriche.
Sviluppo: 3 km
Dislivello: 150 m
Tempo di percorrenza: 1 h 15 min
Approfondimento
Il sentiero Natura rappresenta l’itinerario più significativo e adeguato per conoscere i paesaggi vegetali del sistema collinare di Villa di Serio, in quanto il suo percorso, valorizzato con la posa di cartelli segnalatori delle specie arboree e arbustive presenti, attraversa una discreta varietà di ambienti.
Il sentiero si snoda per circa 3 chilometri sui due versanti della Valle Capla (localmente conosciuta come valle del Fondo), per gran parte lungo tracciati di antica origine. Il primo tratto coincide con il sentiero Carrezzola, antica via di comunicazione con i comuni limitrofi e di collegamento tra Bergamo e la Valle Cavallina.
SENTIERO DEI BOSCHI
L’itinerario dei boschi si sviluppa quasi completamente in quota toccando tutti i versanti del sistema collinare, dove appunto si conserva gran parte della copertura boschiva, sacrificata, a quote minori e in corrispondenza di pendenze minime, ai prati ed ai coltivi. Il percorso proposto permette di cogliere le differenze ecologiche e floristiche dei boschi collinari, derivanti dalle articolate condizioni climatiche distribuite sui rilievi in funzione dell’esposizione.
Sviluppo: 4,8 km
Dislivello: 250 m
Tempo medio di percorrenza: 1h 45min.
Approfondimento
L’itinerario ha inizio dalle Caselle Alte, località che si raggiunge risalendo la via Caselle.
Lungo la via su cui si affacciano giardini e villette con relative recinzioni è ancora possibile osservare un tratto di vecchio muro in borlanti, quasi completamente interrato, su cui si concentra un buon numero di specie erbacee primaverili quali anemone dei boschi (Anemonoides nemorosa), pervinca maggiore (Vinca major), e pervinca minore (Vinca minor) viola (Viola spp.), primula (Primula vulgaris) e altre provenienti dai residui prati circostanti.
Raggiunto il ripido tornante all’altezza delle Cascine Cedrine, si prosegue sulla strada asfaltata che porta alla località Caselle Alte lasciando sulla sinistra un lembo di monotona pecceta (Abies picea) di impianto e sulla destra un fantasmagorico giardino roccioso. Superata la sbarra si fiancheggia un boschetto ben curato che rappresenta forse uno degli esempi di ostrio-querceto meglio conservati dell’intera collina con roverella (Quercus pubescens), rovere (Quercus petraea), carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus ornus), accompagnate da olmo (Ulmus minor) e acero campestre (Acer campestre).
Raggiunte le Caselle ci si porta sullo spiazzo retrostante e si prosegue sulla strada sterrata che si apre davanti a noi. Dal versante esposto a Ovest, che gode lungo la giornata di una discreta insolazione, si passa in poche decine di metri sul versante a bacìo, umido, fresco e ombroso, su cui i raggi del sole giungono molto inclinati riscaldando assai meno la superficie.
Il primo tratto dello sterrato attraversa un vecchio castagneto dall’aspetto trascurato. Lo strato arboreo è costituito da castagno (Catanea sativa), pioppo tremolo (Populus tremula), acero campestre (Acer campestre) e da qualche rovere (Quercus petraea). Nello strato arbustivo sono frequenti il sambuco (Sambucus nigra), il biancospino (Crataegus monogyna) e l’orniello (Fraxinus ornus).
Qualche decina di metri più avanti la composizione del bosco cambia in modo sensibile; la robinia (Robinia pseudoacacia), specie esotica di origine nordamericana, ottimamente naturalizzata tanto da diventare infestante, tende a sostituire quasi completamente le altre specie arboree e a formare con il sambuco boschine pure.
Lo strato erbaceo da fine febbraio presenta le tipiche fioriture nemorali ad anemone (Anemonoides nemorosa), primula (Primula vulgaris), e viola (Viola spp.), ma con il procedere della stagione viene completamente colonizzato dalle felci femmina (Athyrium filix-foemina), che costituiscono un tappeto verde in mezzo al quale si rinvengono specie mesofile quali sigillo di Salomone (Polygonatum multiflorum), astranzia maggiore (Astrantia major), paleo silvestre (Brachypodium sylvaticum), salvia vischiosa (Salvia glutinosa), erba maga comune (Circaea lutetiana) e barba di capra (Aruncus dioicus), la cui presenza si manifesta in modo eclatante in giugno-luglio, quando le grandi pannocchie bianche svettano sopra le felci. E’ una specie riconosciuta da molti anche allo stadio di germoglio, in quanto raccolta e consumata come surrogato degli asparagi.
In questi boschi è largamente diffusa un’esotica invasiva, la spirea del Giappone (Spirea japonica), un arbusto originario del Giappone, da dove fu importato a scopo ornamentale alla metà del 1800. La specie appartiene alla famiglia delle Rosacee e si riconosce per la graziosa infiorescenza rosa che conferisce una nota di colore ad un ambiente in cui il verde cupo in estate è quasi ossessionante.
Il tratto di strada sterrata termina, trasformandosi in sentiero, in prossimità di un roccolo ormai inattivo, ma di cui si conserva il casello e il boschetto di carpino bianco (Carpinus betulus). Seguendo il sentiero si attraversa l’area del roccolo e si raggiunge il sentiero che si snoda sul crinale.
Si procede verso sud attraversando per qualche centinaio di metri un ambiente molto degradato dal punto di vista vegetazionazionale, sia per mancanza di cura, sia per la presenza di due radure in successione con capanni di caccia e con gli alberi potati e adattati a posatoi. Il sentiero confluisce in una strada sterrata (via Pomarolo) che scende dolcemente lungo il fianco della valle Gavarnia in mezzo a castagneti cedui degradati, in cui sono presenti rovere (Quercus petraea), sambuco (Sambucus nigra) e robinia (Robinia pseudoacacia) e il cui sottobosco in primavera si ammanta del bianco degli anemoni.
Frequente in inverno ai margini e nel bosco è la rosa di natale (Helleborus niger), erroneamente chiamata bucaneve.
Poco prima di raggiungere il cascinetto Pigna, antica villa di campagna ora trasformata in azienda agricola, due vetusti esemplari di cerro (Quercus cerris) con bellissime chiome attirano l’attenzione. Si fiancheggia la villa e ciò che resta dell’antico roccolo (Roccolone) che la affiancava e si abbandona la strada per un sentiero che si inerpica ripido, lambendo un gruppo di castagni secolari e, in poche decine di metri, si riguadagna il crinale.
Il sentiero prende poi a salire dolcemente fino al culmine del colle seguendo la linea di spartiacque che separa la Valle Gavarnia a Est dalla Valle Capla a Ovest.
Il bosco alla nostra sinistra (Est) è un castagneto allevato a ceduo puro, in abbandono, mentre quello alla nostra destra, con un aspetto meno monotono, è caratterizzato dalla presenza tra i castagni di qualche roverella (Quercus pubescens) e orniello (Fraxinus ornus), che sostituiscono completamente il castagno solo oltre il culmine del Monte del Costone a 499 m., quando il sentiero inizia a scendere sul versante sud. Lo strato arbustivo annovera rovo (Rubus ulmifolius), biancospino (Crataegus laevigata e C. monogyna), pungitopo (Ruscus aculeatus).
Tale lieve differenza nella composizione del bosco del versante ovest rispetto a quello del versante est (differenza che si accentua comunque scendendo verso la valle Capla con l’incremento significativo di roverelle e carpini neri) è attribuibile alla diversa esposizione dei due versanti su cui si creano, pur a distanza di pochi metri, condizioni ambientali antitetiche che favoriscono la presenza del castagneto ad Est, sul versante più fresco, e del querceto misto a Ovest, sul versante più caldo.
Superata la sommità del monte del Costone, punto più elevato della dorsale collinare, il sentiero scende al margine di una boscaglia rada a roverella e pioppo tremolo (Populus tremula) e caratterizzata da una densa e continua copertura erbacea a molinia (Molinia coerulea arundinacea), la cui presenza indica una sensibile acidità del suolo, confermata anche dalla diffusione del brugo (Calluna vulgaris) e dovuta probabilmente alla antica pratica dell’incendio, abbandonata da decenni. L’esposizione a sud determina anche condizioni di aridità che favoriscono l’insediamento di numerose specie termofile come ad esempio lo scotano (Cotinus coggygria), un arbusto rustico molto decorativo per le colorazioni, dal giallo al rosso, assunte dalle foglie durante l’autunno, la ginestra germanica (Genista germanica), l’imperatoria (Peucedanum cervaria), la finocchiella effimera (Seseli annuum), il fiordaliso bratteato (Centaurea gaudini), il trifoglino legnoso (Lotus dorycnium), il caglio zolfino (Galium verum), la rosa gallica (Rosa gallica), la prunella (Prunella grandiflora) e due orchidee, l’orchidea piramidale (Anacamptis pyramidalis) e la serapide (Serapias vomeracea). L’ambiente assume già dall’estate un aspetto arido a causa dell’appassimento precoce delle erbe e il tutto contrasta con il paesaggio che abbiamo lasciato poco più in alto, verdeggiante fino ad autunno inoltrato.
Lasciata sulla nostra sinistra la boscaglia aperta si piega a sud-ovest e ci si inoltra di nuovo nel bosco fitto, lungo un sentiero ripido e sconnesso, stretto tra roverelle, prugnoli (Prunus spinosa) e rovi fino a riportarci sulla via Pomarolo, strada sterrata che da questo punto in poi corre sul crinale che fa da spartiacque tra il bacino del fiume Serio e dell’Oglio. Il prugnolo è un arbusto che forma una fitta e impenetrabile trama con i suoi rami provvisti di spine. È fra i primi a fiorire in primavera producendo una miriade di piccoli fiori bianchi prima della fogliazione. In autunno maturano i frutti, piccole prugne, pruinose e dissetanti dal gusto acidulo.
Superata l’intersezione con la via Carrezzola, la strada attraversa boschi di roverella che si alternano con prati e vigneti.
Si tratta di boschi termofili, aperti, luminosi con una bassa densità di alberi e regolarmente falciati e ripuliti, al punto che lo strato arbustivo è pressoché assente. Tuttavia la permeabilità alla luce delle chiome permette la crescita di un discreta flora erbacea termofila in cui si annoverano, limitandoci alle più comuni, polmonaria australe (Pulmonaria australis), filipendula (Filipendula vulgaris), spigarola dentellata (Melampyrum cristatum), trifoglio montano e trifoglio rosso (Trifolium montanum e T. rubens), sonaglini (Briza media), paleo comune (Brachypodium pinnatum), imperatoria cervaria (Peucedanum cervaria), vincetossico (Vincetoxicum arundinacea), betonica (Stachys officinalis), piantaggine media (Plantago media).
Raggiunto il quadrivio, in corrispondenza del quale la via Pomarolo interseca la via Monte Bastia che sale da Scanzo, si imbocca lo sterrato a destra che conduce a Villa, verso nord-ovest.
Si procede in piano per un centinaio di metri per poi piegare a destra all’altezza dell’ex roccolo Agazzi, imboccando una breve discesa.
Ci si muove d’ora in poi e fino alla conclusione dell’itinerario tra boschi di castagno in abbandono e molto deteriorati, insediati su suoli acidificati, come testimoniano le presenze di molinia (Molinia coerulea arundinacea) e felce aquilina (Pteridium aquilinum) e intervallati, a tratti, da boschine di robinia e sambuco invase da rovi, in corrispondenza delle zone più degradate, come quella che si può osservare sulla nostra destra, lungo il tratto di ripida discesa e oltre.
Al castagno si accompagnano numerose specie autoctone quali rovere (Quercus petraea), orniello (Fraxinus ornus), acero di monte (Acer pseudoplatanus) e acero campestre (Acer campestre), olmo campestre (Ulmus minor), sorbo montano (Sorbus aria), e, fra gli arbusti, nocciolo (Corylus avellana), biancospino (Crataegus monogyna), sanguinello (Cornus sanguinea), cornetta dondolina (Hyppocrepis emerus) e rovo da more (Rubus ulmifolius). Queste essenze stanno riportando il bosco ad una composizione e ad una diversità biologica vicine alla naturalità originaria riconquistando gradualmente spazio attraverso un vivace processo di rinaturalizzazione del bosco, dopo l’abbandono delle cure colturali che erano riservate al castagneto ceduo puro. Il recupero della biodiversità è altrettanto evidente se si considera lo strato erbaceo che le cure esasperate cui erano sottoposti questi castagneti rendeva monotono e povero. Nella fase attuale il sottobosco sta riassumendo la fisionomia e la composizione che caratterizza il querceto misto.
Laddove non ostacolato dalla diffusa e soffocante presenza dei rovi, a partire da fine febbraio, il suolo si copre delle spettacolari fioriture di anemone dei boschi (Anemonoides nemorosa), dente di cane (Erythronium dens-canis), erba trinità (Hepatica nobilis), primula (Primula vulgaris), viole (Viola spp.), consolida (Symphitum tuberosum), sigillo di Salomone (Polygonatum multiflorum). In estate subentrano sparviere dei boschi (Hieracium sylvaticum), cicerchia primaticcia (Lathyrus vernus), cicerchia nera (Lathyrus niger), spigarola bianca (Melampyrum pratense), verga d’oro (Solidago virga-aurea), betonica officinale (Stachys officinalis), erba amara dei boschi (Chrysantemum corymbosum), salvia dei boschi (Salvia glutinosa). Una presenza assai interessante è quella del mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), piccolo arbusto di quota, tipico delle brughiere acide, che trova condizioni adatte sui suoli acidificati e magri del castagneto.
Proseguendo, la strada entra in una radura al centro della quale si erge un piccolo edificio e alla cui estremità opposta sorge il roccolo Bonomi, antica struttura per la cattura degli uccelli con le reti. La radura è chiusa da una cortina di conifere afferenti a molte specie diverse ed estranee all’ambiente collinare (abete rosso, abete bianco, abete di Douglas, pino nero, pino di Wallich, pino silvestre, cipresso mediterraneo, cipresso di Lawson, ecc.), introdotte a partire dagli anni sessanta-settanta a scopo ornamentale. Esse creano un evidente contrasto, sia per la forma sia per il verde persistente, con la vegetazione autoctona costituita da caducifoglie. All’altezza dell’edificio la strada piega a destra e procede in lieve discesa tra i boschi del versante esposto a Est, umido e fresco, della Valle Capla. Dopo aver affrontato un’altra stretta curva a sinistra si procede tra boschi con diversi livelli di degrado e boschi puliti, ma tutti accomunati dall’essere castagneti cedui che stanno evolvendo in tempi diversi in boschi misti, in cui il castagno troverà sempre meno spazio.
L’ultimo tratto del percorso si sviluppa tra le recinzioni delle prime case e i ronchi prossimi al piano. Ai margini della strada, nel fosso di scolo dell’acqua, all’ombra di noccioli e castagni, crescono rigogliose felci femmina (Athyrium filix-foemina) e sugli accumuli di sostanze organiche trascinati a valle dall’acqua prospera l’acetosella dei boschi (Oxalis acetosella), dai candidi fiori primaverili venati di viola.
In questo ambiente umido è frequente anche la valeriana (Valeriana officinalis) dalle vistose infiorescenze a ombrella di colore bianco ricca principi attivi apprezzati in fitoterapia per la loro azione sedativa e calmante del sistema nervoso.
L’itinerario dei boschi si sviluppa quasi completamente in quota toccando tutti i versanti del sistema collinare, dove appunto si conserva gran parte della copertura boschiva, sacrificata, a quote minori e in corrispondenza di pendenze minime, ai prati ed ai coltivi. Il percorso proposto permette di cogliere le differenze ecologiche e floristiche dei boschi collinari, derivanti dalle articolate condizioni climatiche distribuite sui rilievi in funzione dell’esposizione.
Sviluppo: 4,8 km
Dislivello: 250 m
Tempo medio di percorrenza: 1h 45min.
Approfondimento
L’itinerario dei boschi si sviluppa quasi completamente in quota toccando tutti i versanti del sistema collinare, dove appunto si conserva gran parte della copertura boschiva, sacrificata, a quote minori e in corrispondenza di pendenze minime, ai prati ed ai coltivi. Il percorso proposto permette di cogliere le differenze ecologiche e floristiche dei boschi collinari, derivanti dalle articolate condizioni climatiche distribuite sui rilievi in funzione dell’esposizione.
SENTIERO DELLE ORCHIDEE
Il sentiero delle orchidee si snoda lungo l’asse maggiore (est-ovest) della collina tra boschi e prati aridi della parte sommitale e consente di ammirare, in un periodo compreso indicativamente tra la metà di aprile e fine maggio/inizio giugno, gran parte delle orchidee presenti sul territorio. Le orchidee non sono piante facili da osservare perché crescono spesso in mezzo a erbe alte e inoltre la loro fioritura non avviene con regolarità anno dopo anno. L’attenzione e il tempo spesi per individuarle vengono però ampiamente ripagati dalle affascinanti forme e dai colori di questi vegetali, ora sgargianti, ora delicati.
Sviluppo: 5,3 km
Dislivello: 300 m circa
Tempo medio di percorrenza: 2/2,5 h
Approfondimento
Dal parcheggio del parco Carrara si prende via Mascarelli nella direzione di Scanzo e, in corrispondenza dell’ampia curva della strada, si imbocca la via pedonale Piccinelli. Superata la vecchia fornace, dopo 50/60 metri si incontra, un sentiero di raccordo che si stacca dalla sinistra della strada e che in breve consente di raggiungere la via Monte Bastia, all’altezza del secondo tornante, sotto uno splendido esemplare di sofora (Sophora japonica). Continuando a salire per una cinquantina di metri l’itinerario vero e proprio ha inizio dal sentiero che si stacca a sinistra poco più avanti (indicazione Sentiero del Giannino), all’altezza di una cappelletta votiva, inerpicandosi su un pendio scosceso esposto a sud, con roccia affiorante e suolo quasi assente. Tali condizioni favoriscono l’insediamento dell’orno-ostrieto, associazione vegetale caratterizzata da specie termofile: orniello (Fraxinus ornus), carpino nero (Ostrya carpinifolia) e bagolaro (Celtis australis). L’orno-ostrieto è sulla collina poco rappresentato, poiché i pendii su cui si insedia sono stati in genere terrazzati e sfruttati per la coltivazione di vigneti di pregio da tempi immemorabili. Gli alberi poco sviluppati sono accompagnati da una folta rappresentanza di arbusti: biancospino (Crataegus monogyna), cornetta dondolina (Coronilla emerus), ligustro (Ligustrum vulgare), viburno (Viburnum lantana). Anche lo strato erbaceo è caratterizzato da specie termo-xerofile: la steppica vedovina dei prati (Globularia punctata), il serpillo (Thymus serpillus), lo sferracavallo (Hyppocrepis comosa), la carice glauca (Carex fiacca), la poligala di Nizza (Polygala nicaeensis), il paleo comune (Brachipodium pinnatum), la melica barbata (Melica ciliata), l’euforbia cipressina (Euphorbia cyparissias), il caglio lucido (Galium lucidum), il trifoglio legnoso (Dorycnium pentaphyllum) e il raro ma bellissimo garofano dei boschi (Dianthus sylvestris). Alla fine della salita si può osservare, tra maggio e giugno, una delle più comuni orchidee della collina, l’orchide piramidale (Anacamptis pyramidalis), dalla vistosa infiorescenza conica di colore rosso.
Proseguendo a sinistra il sentiero descrive un’ampia curva che conduce dopo qualche decina di metri, sul versante villese del colle Bastia, esposto a nord-ovest. Le condizioni ambientali si modificano acquistando caratteristiche favorevoli al querceto misto e le specie steppiche e mediterranee vengono sostituite gradualmente da piante di ambienti più freschi. Dopo aver fiancheggiato il muro di recinzione di una proprietà e percorso circa cento metri attraverso un bosco degradato, invaso da robinia e rovi, si giunge all’altezza di un tornante. Sulla parete rocciosa che lo sovrasta si può osservare una stazione di ciclamino (Cyclamen purpurascens), pianta montana. Il margine del sentiero è ricoperto da una ricca colonia di falsa fragola (Duchesnea indica) e vi si rinvengono anche alcuni esemplari di elleboro puzzolente (Helleborus foetidus) e di giaggiolo puzzolente (Iris foetidissima).
Raggiunta la sommità del colle Bastia, sullo spiazzo erboso dove sorge una piccola chiesetta, si può godere di un ampio panorama sulla pianura (fino agli Appennini, ai grattacieli di Milano e al Monviso nelle giornate più limpide) e sulle propaggini delle Prealpi. Si lascia il colle dirigendosi verso est. Al termine della breve discesa si abbandona lo sterrato che ricomincia a salire e s’imbocca la scalinata sulla destra che, in discesa, riporta sulla via monte Bastia. Una volta raggiuntala si svolta a sinistra e si prosegue dirigendosi verso monte.
Superata dapprima la cascina Berlendesa e poi la deviazione per la cascina del Francés, la strada descrive una curva a novanta gradi al cui interno, sulla sinistra, si trova un’ampia vigna. Seguendone il suo bordo destro in leggera salita e in poche decine di metri si possono raggiungere alcuni terrazzi abbandonati su cui è localizzato un interessante sito ricco di orchidee. Tra fine aprile/inizio maggio e fine maggio/inizio giugno vi si possono rinvenire la cefalantera maggiore (Cephalantera longifolia), la ballerina (Orchis antropophora), l’ofride insettifera (O. insectifera) e la vesparia (Oprhrys apifera). Riguadagnata la strada si sale ancora. A valle il suolo è completamente ricoperto di vigneti, a monte, invece, il pendio è occupato da una boscaglia termo-xerofilo di roverella e carpino nero, associazione tipica di suoli poco profondi e leggermente basici. Alle suddette specie si accompagnano l’orniello (Fraxinus ornus), lo scotano (Cotinus coggigrya), il citiso nero (Citysus nigricans), il falso bosso (Polygaloides chamaebuxus) e altre. Interessante è la vegetazione rupestre di origine montana che ricopre le rocce affioranti ai margini della strada e costituita da teucrio montano (Teucrium montanum), che forma cuscini di un verde intenso punteggiato di piccole corolle bianco crema, da lino montano (Linum tenuifolium) dai delicati fiori rosa viola, dal serpillo (Thymus serpillus), pianta dall’intenso e gradevole aroma. Dove il pendio si fa meno ripido e il suolo un po’ più profondo e meno basico, a causa del dilavamento dei sali di calcio, la boscaglia lascia il posto ad un ostrio-querceto con alberi di taglia maggiore ed in cui si inserisce anche il ceno (Quercus cerris), quercia meso-termofila di suoli subacidi riconoscibile per la cupola della ghianda provvista di squame lineari e irte. All’altezza dell’ultima curva si abbandona la strada e seguendo il sentiero della Fola ci si addentra nella boscaglia rada a roverella, asciutta e luminosa in cui si apre anche una radura con postazione di caccia. In questi ambienti esposti a sud si possono rinvenire numerose specie di orchidee, orchidea provenzale (Orchis provincialis), Cephalanthera longifolia, orchidea bruciacchiata (Neotinea ustulata), platantera verdastra (Plathanthera clorantha), Ophrys apifera e elleborina di Muller (Epipactis muelleri) le cui fioriture si succedono da inizio aprile a metà giugno.
Tornati sulla strada, all’altezza della curva, si riprende la salita. Raggiunto il crinale, al quadrivio (intersezione con il Sentiero dei boschi, itinerario D e indicazioni in legno), si gira a destra, lungo la via Pomarolo. Si prosegue per circa 250 metri superando un capanno e l’azienda vinicola “La Fola”, fino alla sommità di un’altura da cui si stacca un sentiero che si dirige a sud, verso Montecchio. Spingendoci avanti per pochi metri è possibile osservare la stazione di un’altra orchidea non molto alta e con i fiori viola, l’orchide minore (Orchis morio), e poco oltre altri bianchi esemplari di cefalantera maggiore (Cephalantera longifolia). Tornati sulla via Pomarolo si raggiunge in discesa la sella del Cagnöl, a quota 412 m, alla cui altezza si trova l’intersezione con il Sentiero Natura (Itinerario A).
Si prosegue diritto, superando l’imbocco del Sentiero Natura e dopo un centinaio di metri si prende il sentiero che si stacca dal lato sinistro della sterrata (indicazioni in legno), sale ripido in mezzo a una boscaglia di roverella e scotano e raggiunge, quasi alla sommità, un prato esposto a solatio che sta subendo un rapido processo di colonizzazione da parte della roverella e di alcune specie acidofile, quali pioppo tremolo (Populus tremula) e brugo (Calluna vulgaris). Lo strato erbaceo è dominato dalla gramigna liscia (Molinia coerulea) fra cui si fanno largo a fatica specie che attestano un contenuto variabile di umidità nel suolo: il lilioasfodelo ramoso (Anthericum ramosum), l’enula scabra (Inula salicina), lo sparviere a ombrello (Hieracium umbellatum) la tormentilla (Potentilla eretta), la danthonia (Danthonia procumbens), il trifoglino legnoso (Dorycnium pentaphyllum), il caglio zolfino (Galium verum).
Fra gli spazi aperti che ancora dominano si possono rinvenire, sulla destra del sentiero, alcuni begli esemplari di orchide piramidale (Anacamptis pyramidalis). Completata la salita e appena guadagnato il bosco che copre la cima, si piega a destra (indicazioni in legno) e si scende in mezzo a castagni ceduati in un ambiente fresco e ombreggiato con sottobosco povero e colonizzato dalla felce aquilina. Nel sottobosco, povero di specie e dall’aspetto abbastanza monotono, è il caso di segnalare la presenza, sia pure sporadica, di due specie di lattuga tipiche della faggeta: la lattuga montana (Prenanthes purpurea) dall’infiorescenza molto aperta e i capolini di color viola e la lattuga dei boschi (Mycelis muralis), esile pianta con i capolini gialli. Un centinaio di metri dopo le ultime indicazioni in legno, sulla destra, si apre una bella radura dove sorge un roccolo. La si può raggiungere con una deviazione di poche decine di metri e vi si possono ritrovare, nella sua parte mediana, alcuni esemplari di serapide maggiore (Serapias vomeracea).
Si ritorna sul sentiero principale nel bosco e lo si segue in discesa fino a quando si innesta sulla strada sterrata. A questo punto la si segue per circa 450 m svoltando a destra fino a un incrocio. Si prosegue ancora sulla destra, in leggera salita e poi in piano, e dopo altri 450 m si giunge a una curva molto pronunciata della sterrata, in corrispondenza della quale, sulla destra, si possono trovare l’ofride insettifera (O. insectifera) e un bel numero di esemplari di fior di legno (Limodorum abortivum), raramente visibili in fioritura. Infatti, questa orchidea è una specie cleistogamica, cioè con impollinazione che avviene all’interno del fiore prima della sua apertura che quindi, di fatto, può anche non avvenire. Si prosegue seguendo la strada e poco prima di ricongiungersi al tratto di sentiero percorso all’andata si devia verso sinistra e si imbocca un tratturo in discesa che diviene poi sentiero e che conduce in poche decine di metri a un roccolo da cui si gode un bel panorama e dove, con un po’ di fortuna, si possono rinvenire alcuni esemplari di vesparia (Ophrys apifera). Si ritorna poi sulla sterrata principale, si svolta a sinistra ripercorrendo un tratto del percorso fatto all’andata fino alla sella del Cagnöl (intersezione con il Sentiero Natura, itinerario A) e poi al quadrivio, attraversando boschi di roverella che si alternano con prati e vigneti. Si tratta di boschi facilmente raggiungibili grazie alla strada e quindi regolarmente falciati e ripuliti. Di conseguenza il sottobosco è praticamente privo dello strato arbustivo. La bassa densità di alberi permette, tuttavia, la crescita di una discreta flora erbacea. Le specie più comuni sono filipendula (Filipendula vulgaris), pulmonaria (Pulmonaria australis), spigarola dentellata (Melampyrum cristatum), trifoglio montano e trifoglio rosso (Trifolium montanum e T. rubens), sonaglini (Briza media), paleo comune (Brachypodium pinnatum), imperatoria cervaria (Peucedanum cervaria), vincetossico (Vincetoxicum arundinacea), betonica (Stachys officinalis), piantaggine media (Plantago media). Ai margini del bosco, lungo questo tratto di strada, crescono numerosi arbusti, fra cui la ginestra spinosa (Genista germanica) e il prugnolo (Prunus spinosa), arbusto che forma una fitta e impenetrabile trama con i suoi rami provvisti di spine. È fra i primi a fiorire in primavera producendo una miriade di fiori bianchi prima della fogliazione. In autunno maturano i frutti, piccole prugne dal gusto acidulo.
Si prosegue diritti, dapprima con un breve tratto in ripida salita, per giungere in breve al monte del Roccolo (463 m) dove si trova un pannello esplicativo riguardante la flora della zona. Su tale pannello è segnalata, tra gli altri, il fiordaliso di Triumfetti (Centaurea triumfettii) che fiorisce in maggio proprio sul pendio dietro il pannello insieme, tra gli altri, al geranio sanguigno (Geranium sanguineum). Dalla sommità del monte del Roccolo si scende ammirando sulla destra, in marzo, numerosi e fotogenici esemplari di dente di cane (Erythronium dens-canis) e di Pulmonaria (Pulmonaria australis). Proseguendo in discesa se si è fortunati, ci si può imbattere, sulla destra, nell’ultima orchidea della giornata, la cefalantera bianca (Cephalanthera damasonium).
In fondo alla discesa si conclude l’itinerario.
Rientro al punto di partenza
Per tornare al punto di partenza si può ridiscendere la scalinata sulla sinistra per raggiungere via monte Bastia e poi, in discesa su asfalto il tornante con l’esemplare di Sophora japonica e il sentierino che riporta alla fornace e a Villa di Serio. In alternativa si può proseguire brevemente in salita per tornare alla chiesetta del monte Bastia e ripercorrere a ritroso la prima parte dell’itinerario.
Il sentiero delle orchidee si snoda lungo l’asse maggiore (est-ovest) della collina tra boschi e prati aridi della parte sommitale e consente di ammirare, in un periodo compreso indicativamente tra la metà di aprile e fine maggio/inizio giugno, gran parte delle orchidee presenti sul territorio. Le orchidee non sono piante facili da osservare perché crescono spesso in mezzo a erbe alte e inoltre la loro fioritura non avviene con regolarità anno dopo anno. L’attenzione e il tempo spesi per individuarle vengono però ampiamente ripagati dalle affascinanti forme e dai colori di questi vegetali, ora sgargianti, ora delicati.
Sviluppo: 5,3 km
Dislivello: 300 m circa
Tempo medio di percorrenza: 2/2,5 h
Approfondimento
Il sentiero delle orchidee si snoda lungo l’asse maggiore (est-ovest) della collina tra boschi e prati aridi della parte sommitale e consente di ammirare, in un periodo compreso indicativamente tra la metà di aprile e fine maggio/inizio giugno, gran parte delle orchidee presenti sul territorio
Le orchidee non sono piante facili da osservare perché crescono spesso in mezzo a erbe alte e inoltre la loro fioritura non avviene con regolarità anno dopo anno. L’attenzione e il tempo spesi per individuarle vengono però ampiamente ripagati dalle affascinanti forme e dai colori di questi vegetali, ora sgargianti, ora delicati.
Legenda:
SENTIERO NATURA
SENTIERO BOSCHI
SENTIERO DELLE ORCHIDEE