Villa di Serio Art
Alla scoperta del patrimonio artistico del territorio
Maglio Casari
Dal Medioevo fino al primo Novecento le rogge attirarono lungo il loro corso molteplici attività produttivegrazie all’energia fornita dalla loro acqua corrente: mulini, magli, mangani, folli, filande…Non fece eccezione Villa di Serio dove, fino all’inizio degli anni sessanta del secolo scorso rimase attivo, fra gli altri opifici, il , l’attuale via Locatelli.
Quello del maèr era un mestiere che, come molti altri, non si imparava sui banchi di scuola ma sin da ragazzi nelle botteghe di famiglia o in qualità di garzoni apprendisti.
Occorrevano anni prima di riuscire a impadronirsi compiutamente del mestiere; solo un fabbro provetto era in grado di realizzare con il ferro oggetti artistici e lavori particolarmente complessi.
Testo: Gianluigi Della Valentina
Immagini: Archivio comunale
I cabrei
I cabrei sono disegni che descrivono le proprietà fondiarie.
Questa che appare nella fotografia riguarda un terreno a Villa di Serio degli Angelini, grandi possidenti settecenteschi.
I primi cabrei risalgono al Seicento ma fu solo nel XVIII secolo che raggiunsero un elevato livello di accuratezza, frutto della precisione portata con sé dall’Illuminismo. Prima di allora i grandi proprietari terrieri si erano curati poco dei rispettivi possedimenti di cui conoscevano approssimativamente l’estensione, i confini, le rese.
La nuova mentalità, più rigorosa e scientifica, li spinse ad avvalersi di agrimensori competenti cui commissionavano il censimento delle loro terre.
I più abili fra quei tecnici redassero disegni particolareggiati di ciascun fondo, descrivendone le colture, la presenza o meno di alberi e la relativa specie; tanto dettagliati da consentirci oggi di ricostruire l’economia agraria del tempo delle zone cui si riferiscono.
L’avvento della fotografia, alla metà dell’Ottocento, coincise con il tramonto dei cabrei, ciascuno dei quali richiedeva lunghi tempi di esecuzione.
Testo: Gianluigi Della Valentina
Immagini: Archivio comunale
Le campane
Il campanile della parrocchiale dispone di un concerto di 8 campane il cui peso complessivo (il bronzo singolarmente) è di 8775 kg.
Ogni campana porta in rilievo il nome dei padrini, le dedicazioni e le raffigurazioni sacre che le contraddistinguono: l’ottava (il campanone) dedicata a S. Stefano, la settima alla Madonna Immacolata, a questa campana è affidato il mesto compito di annunciare i funerali, la sesta è dedicata alla S. Croce, la quinta a S. Eurosia (pregata per implorare la pioggia e allontanare le tempeste), la quarta è dedicata a S. Giuseppe (viene utilizzata per segnare annunciare un lutto), la terza è dedicata a S. Luigi e alla gioventù, la seconda a sant’Antonio abate e la prima a S. Giovanni Battista.
“Bronzo a terra, persa la guerra”
Le due campane più grosse (la settima e l’ottava) vennero requisite e portate a terra nel 1942, durante la II guerra mondiale, per essere fuse e destinate alle necessità del conflitto bellico. Vennero poi rifuse nel 1952.
In cella campanaria è presente uno strumento (tastiera) per il suono manuale detto appunto a tastiera.
Prima della meccanizzazione era compito del sacrista suonare manualmente le campane.
Testo e immagini: Maicol Ravasio
Il campanile della parrocchiale
È uno dei più antichi della zona e venne edificato attorno al 1490 anche se non si ha un riferimento certo in merito.
Probabilmente l’edificazione della struttura avvenne in una data antecedente ma con finalità di torre difensiva come lo testimoniano le feritoie presenti sul prospetto.
Originariamente il campanile era più basso ma verso la fine del 1800, in occasione della sostituzione del concerto delle campane, venne rialzato portandolo all’ altezza attuale.
L’accesso al campanile avviene solo in due modi: o dalla sacrestia o dalla chiesa di San Lorenzo. Non ha quindi un accesso esterno.
A circa metà della sua altezza, è presente un piano in cui ancor oggi gli appassionati suonatori di campane “a mano” si ritrovano e, sotto la direzione di un maestro, eseguono i concerti.
Sempre a questo livello è presente l’accesso ad un cunicolo il quale conduce al di sopra del catino absidale (sottotetto).
In questo luogo è presente ancora l’antico argano con il quale si fa discendere la corona per l’installazione dei paramenti sacri. Ancor oggi questa procedura viene effettuata manualmente dai volontari della parrocchia.
L’orologio è di proprietà comunale.
Testo: Maicol Ravasio
Fonti: Villa di Serio ierioggi una storia
Villa Carrara
Nel 1978 si spense la nobildonna Camilla Carrara, ultima discendente del casato che diede il nome alla villa e che la abitò dopo i Martinengo, i Bonasi e gli Angelini.
Nel 1990 il palazzo fu acquisito dal Comune, sventando un progetto che ne avrebbe snaturato il valore storico e culturale con il frazionamento in unità abitative private. L’edificio, il più significativo del paese fra quelli civili, rimase a lungo abbandonato; invasi gli spazi esterni dalla vegetazione spontanea e aggredito dall’incuria all’interno, chiusi i cancelli alle due entrate della villa.
La ristrutturazione si rivelò complessa poiché si trattava di mutare destinazione d’uso auna struttura prevalentemente settecentesca, ma con un nucleo originario che risale al Cinquecento.
Un delicato lavoro di restauro riguardò gli affreschi murali e quelli che ornano i soffitti lignei, il cui costo fu coperto grazie a un finanziamento del Ministero della cultura. Ultimati i lavori, nel 2001 il palazzo diventò sede del Comune e l’inaugurazione fu accompagnata da una mostra di sculture di artisti di fama non solo locale e nazionale, fra i quali Trento Longaretti. Le opere furono collocate lungo un percorso che invitava cittadini e visitatori a entrare nel palazzo come per impossessarsene.
Villa Carrara tornava ad essere un “punto di riferimento di valore collettivo” per l’intera comunità.
Testo: Gianluigi Della Valentina
Immagini: Archivio comunale